sabato 3 giugno 2017

Recensione a "Il gioco indiscreto di Xuan": l'ironia sull'Occidentalizzazione in Vietnam


Premessa doverosa: ho scoperto la piccola perla che nelle righe sotto recensirò al Salone del Libro di Torino, più precisamente allo stand di O barra O edizioni, una casa editrice che si occupa molto (ma non solo) di letteratura dell'Estremo Oriente. Ronzavo attorno al loro banchetto insieme a due amici, quando ho sentito un uomo, non so se un dipendente o il titolare dell'azienda, dire a una delle persone che mi accompagnava:"Questo è uno dei miei libri preferiti. Parla dell'occupazione francese del Vietnam prima della seconda guerra mondiale. È parecchio ironico". Pochi minuti dopo ho letto la prima pagina di quell'opera, e ho deciso che doveva essere mia.

Sto parlando de "Il gioco indiscreto di Xuan", scritto da Vu Trong Phung. Il romanzo fu pubblicato nel 1936, presto censurato dalle autorità vietnamite e riabilitato solo nel 1986. L'autore a quanto ci è noto è deceduto nel 1939 a soli ventisei anni per tubercolosi: un vero peccato, perché avrebbe potuto partorire altri capolavori come il libro del quale adesso vi parlerò più nel dettaglio.

Come detto, il romanzo è ambientato in Vietnam, al tempo dell'occupazione francese. Il protagonista è Xuan, un giovanotto locale che rimane presto orfano e si trova a svolgere i lavori più umili per tirare a campare. Uno di questi consiste nel fare il raccattapalle in un circolo tennistico frequentato dalla buona borghesia vietnamita. Da qui, a causa di un comportamento poco corretto del quale viene accusato (ma non vi dico di cosa si tratta),  Xuan viene cacciato. Prima che torni all'accattonaggio viene salvato da un personaggio, la Vedova del Vicedoganiere, che lo introduce all'interno di quella borghesia vietnamita che cerca a tutti i costi di civilizzarsi, di occidentalizzarsi. Grazie al suo charme sulle donne e alle sue capacità affabulatorie, Xuan compierà una vera e propria scalata sociale che lo porterà molto in alto, ma preferisco non svelare altro, per non togliere al lettore il gusto di scoprire quale sarà l'esito delle vicende di Xuan.

Spesso, quando si parla di letteratura dell'Estremo Oriente, il lettore occidentale è portato a immaginarsi forme di scritture auliche, spirituali, al limite dello zen. In "Il gioco indiscreto di Xuan" non c'è nulla di tutto questo. Le descrizioni sono quasi del tutto assenti, l'intreccio prosegue soprattutto grazie ai dialoghi fra i personaggi. E le conversazioni sono spesso sporche, condite di parolacce, volgarità, ambiguità. Il tutto coerente con lo spirito dell'opera e dell'autore.

La maestria di Vu Trong Phung sta nel dare al suo racconto un tono ironico, che spesso sfiora il grottesco e addirittura il demenziale, senza però cadere mai nel ridicolo o nella perdita di credibilità. È questo lo spirito di fondo del libro. Oggetto della sua ironia è la colonizzazione francese. O ancora meglio, quella parte di popolazione vietnamita che crede nell'Occidentalizzazione e nella Civilizzazione europeista come obiettivo da perseguire per la società. Da cosa lo si comprende? Ancora una volta, per non sottrarre agli interessati il gusto della lettura, non farò riferimenti a scene specifiche che costituiscono la trama dell'opera. Basterà solo dire che per molti degli uomini e delle donne che costituiscono la classe sociale tifante per l'occidentalizzazione, essa è un fenomeno positivo solo quando porta alla modernizzazione e alla corruzione dei costumi degli altri. Ma guai, quando gli effetti amorali della civilizzazione varcano la soglia del proprio focolare domestico!

È evidente, lungo tutto l'arco della narrazione, che Vu Trong Phung non vedeva troppo di buon occhio questa presunta civilizzazione. Le situazioni presentate, come già detto al limite del paradossale, suscitano ilarità, ma il lettore, spinto dall'ironia dell'autore, dovrebbe essere portato a interrogarsi sulle conseguenze della globalizzazione, del colonialismo e dell'occidentalizzazione nelle società che in passato sono state sottomesse all'Occidente. Il testo di Phung è talmente un classico ad Hanoi che viene adottato come testo scolastico. Se fossi un insegnante, non esiterei a proporlo anche nelle aule italiane: perché non annoia mai, è divertente, la lettura scorre e perché offre un buon quadro del Vietnam "francese", la cui memoria è oscurata dai ricordi, ancora più tragici, del Vietnam "americano". Una lettura assolutamente da non perdere.

Nessun commento:

Posta un commento