mercoledì 27 gennaio 2016

Rispettiamo le culture di tutti, compresa la nostra



La visita di Rohani a Roma ha suscitato polemiche fin dall'inizio; ossia fin da quando era stato annunciato il viaggio del presidente iraniano nella nostra Capitale. Rohani è stato etichettato quasi come un tiranno, come il capo di uno Stato che perseguita gli omosessuali ed esegue, nel solo 2015, circa 900 condanne a morte. Eppure non è il peggio che si possa avere. La politica di Rohani si dimostra lontana dagli eccessi di Khomeini e di Ahmadinejad. Certo, i dissapori con Israele esistono ancora, ma non si parla più di "cancellare Israele dalle carte geografiche"; l'accordo sul nucleare si è finalmente trovato e l'Iran non appoggia i fondamentalisti islamici dell'Isis. A distanza di decenni, finalmente, è possibile instaurare delle relazioni internazionali più serene con uno Stato chiave negli equilibri medio orientali.
L'Italia, inoltre, sta per concludere con Teheran accordi economici per la bellezza di diciassette miliardi di dollari. Una cifra mica male. Un ospite come Rohani, quindi, va sicuramente trattato con il dovuto rispetto.
Il rispetto per un ospite, tuttavia, non implica la rinuncia al rispetto per sé stessi. Se sulla richiesta della delegazione iraniana di non servire il vino a tavola si può chiudere un occhio (anche se la Francia ha già dichiarato che non farà lo stesso), sulla censura delle nostre opere d'arte nei Musei Capitolini passare oltre è difficile.
Che cos'è la politica? È compromesso, avrebbe risposto Mill; nessuno è depositario di verità universali, per cui il giusto emerge dal confronto-scontro fra portatori di verità particolari. Le statue dei Musei Capitolini per noi sono arte, per gli iraniani sono imbarazzanti. Chi ha ragione? Se partiamo dalla prospettiva di Mill, nessuno dei due. Ed è proprio per questo motivo che si sarebbe potuto, e dovuto, trovare un equo compromesso fra le parti in causa. Un esempio? Spostare l'incontro in un altra sala, o direttamente in un altro palazzo. A Rohani non piacciono i nudi di cavalli e di donne? Benissimo, che lo si faccia parlare da qualche altre parte, così sono tutti contenti. Roma, del resto, è piena di palazzi, istituzionali e non, degni di accogliere con maestosità qualsiasi delegazione straniera.
 Da dove deriva, quindi, la scelta di autocensurarci? Ah, bella domanda: probabilmente la verità non si saprà mai. Come nel caso dei misteriosi funerali a Casamonica, è già iniziato lo scaricabarile istituzionale. Franceschini sostiene che lui e Renzi fossero all'oscuro di tutto. La sovraintendenza capitolina ai beni culturali nega un proprio coinvolgimento nella vicenda, e dice di rivolgersi a Palazzo Chigi; quest'ultimo avvia un'indagine al proprio interno per scovare l'inghippo.
 La polemica sul trattamento riservato alle nostre statue non è però fine a sé stessa. Essa arriva, infatti, in un contesto politico molto delicato. Schengen è sull'orlo del baratro, i flussi migratori dalla Siria e dalla Libia verso l'Europa sono in aumento, e i problemi di integrazione fra le comunità europee e quelle musulmane rischiano di esplodere: Colonia docet. L'integrazione e la reciproca accettazione fra due culture diverse non dovrebbe comportare la disintegrazione di nessuna delle due. Autoannullarsi non significa accettare il "diverso", significa sottomettersi. Se l'Occidente fa del rispetto di tutte le culture il proprio cavallo di battaglia, dovrebbe iniziare a rispettare anche quella che conosce meglio: la propria.

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