domenica 3 maggio 2015

No Expo: non chiamateli black bloc

A distanza di qualche giorno dagli eventi del primo maggio a Milano trovo doveroso fare qualche considerazione sull'accaduto.
 Perché ho aspettato due giorni per dire la mia? Per due motivi, principalmente. Il primo è che sono sommerso di studio, come al solito. Il secondo è che ho voluto raccogliere le idee prima di mettere nero si bianco quello che penso.
 Tutti hanno visto quello che è successo a Milano. E' un classico, ormai. Il solito corteo pacifico che viene trasformato in inferno dal solito gruppo di black bloc figli di papà, radical chic, e che manda a monte una protesta sacrosanta. Perché l'Expo sarà anche fantastico e magnifico a vedersi, per carità, nessuno lo nega. Ma dobbiamo anche ricordarci cosa c'è dietro: dieci miliardi di spesa, tangenti a morire, più di cento indagati, migliaia di giovani e di operai sottopagati per lavorare in condizioni di non sicurezza (tant'è che un ragazzino c'ha lasciato le penne, ma nessuno lo ha ricordato nei fasti della cerimonia d'apertura). Lavori completati al 21%. Il giorno dell'inaugurazione. Nulla di nuovo. That's the Italian way, baby. E' così che funziona in Italia.
 Tutto questo giustifica la violenza? Ovviamente la risposta è no. Non siamo troppo lontani dalla casistica di un'altra tragedia, quella di Charlie Hebdo. L'ironia del giornale satirico francese era decisamente oltre la soglia di tolleranza, ma questo non giustifica di certo l'attentato che ne è conseguito.
 Eppure, sembra proprio che i media tradizionali, e il governo, non siano in grado di cogliere la differenza fra i No Expo e i black bloc, esattamente come è successo anche per la Tav. Poco dopo l'accaduto, il beneamato Renzi ha dichiarato:"I No Expo non ci fermeranno". Peccato che a causare il marasma a Milano non siano stati i No Expo, ma i black bloc, che, come detto, sono tutta un'altra cosa. E nello stesso errore del premier è incappato anche il quotidiano La Stampa che, se permettete, non è il primo giornaletto di provincia. Che, nell'articolo che adesso vi linko, titola così:
 http://www.lastampa.it/2015/05/02/multimedia/societa/expo2015/speciale/milano-devastata-comera-ieri-com-oggi-mKykjTNxp5QAZSBzzCfAiM/pagina.html
 E ciò, è evidente, non corrisponde al vero.
 Ora, vorrei fare un'altra considerazione. Parlando con degli amici, che hanno giustamente condannato la violenza, un'obiezione che ho sentito da più parti è stata la seguente:"I No Expo potevano svegliarsi prima". Beh, in realtà l'hanno fatto: la manifestazione del primo maggio è stata solo il culmine di una scia di proteste che ormai vanno avanti da mesi. Allora, mi è stato ribadito il concetto che la violenza di certo non avrebbe risolto il problema. Vero. Ma è anche vero il contrario: ossia che le manifestazioni pacifiche non hanno risolto nulla, almeno negli ultimi dieci anni. Le manifestazioni contro la disoccupazione hanno risolto qualcosa? No. Le proteste contro le dubbie riforme della scuola, hanno portato a risultati? No. E l'elenco potrebbe andare avanti a dismisura.
 E quindi? Questo ci dà il diritto di sfasciare le vetrine dei negozi, distruggere macchine, far saltare in aria delle banche? Ancora una volta, la risposta è negativa. Ma qui si cela il vero problema delle manifestazioni No Expo, e delle manifestazioni di protesta in generale. Ovvero? Ovvero che chi scende in piazza a protestare, legittimamente, contro politiche non soddisfacenti, è molto probabilmente lo stesso soggetto che o non si reca alle urne oppure, all'interno della cabina elettorale, sceglie saggiamente di votare i soliti volti noti, residui del PCI o della DC, che non vedono l'ora di ottenere il consenso del popolo per poter far soldi su iniziative come l'Expo. In questa ottica, anche le proteste pacifiche perdono senso: è un modo per condannare sé stessi, ma continuando a perpetrare lo stesso, drammatico errore.
 Si vogliono evitare altri scempi come l'Expo? Giusto. Allora, forse, è il caso di togliere dalle poltrone del potere quei soggetti che, invece, sono favorevoli. E per farlo esistono due modi assolutamente democratici e tranquilli. Il primo, è lo sviluppo di una coscienza civile. Come si sviluppa una coscienza civile? Semplice: spegnendo la televisione e aprendo i libri. Il secondo metodo è il voto. Il concetto è semplice. Entrate nella cabina elettorale e votate il partito che più si avvicina alle vostre idee e a quello che vorreste ottenere, e il gioco è fatto.
 Poi, se usciti dalle urne doveste per caso vedere un gruppo di manifestanti che inneggiano contro un partito troppo vecchio, e uno di questi dovesse per caso decidere di spaccare una macchina, chiamateli No Expo, chiamateli idioti, chiamateli formaggio, chiamateli come volete.
 Ma non chiamateli black bloc.

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